martedì 2 novembre 2010
Dilma Rousseff "presidenta" del Brasile
Dilma Rousseff "presidenta" del Brasile
Alla pupilla di Lula il 55 per cento dei voti
La candidata del Partido dos Trabalhadores ha battuto il candidato socialdemocratico Josè Serra, che ha ottenuto circa il 45%. Alle urne più di 135 milioni di abitanti, in otto stati e nella capitale Brasilia
SAN PAOLO - Era la grande favorita e oggi Dilma Rousseff, 62 anni, candidata del Partito dei Lavoratori (Pt) ha vinto sul rappresentante socialdemocratico Josè Serra, diventando la prima "presidenta" della storia brasiliana.
L'erede di Lula ha ottenuto il 55,07% con l'89% delle schede scrutinate. Lo ha reso noto il Supremo Tribunale Elettorale. Il rivale, il social-democratico Jose Serra ha fatto meglio delle attese raccogliendo il 44,9%. I sondaggi e i primi exit poll avevano dato Rousseff al 58%. La conta dei voti in Brasile, dove è in uso il voto elettronico, è particolarmente rapida. Le urne si sono chiuse in tutto il Paese alle 22 ore italiana.
Sono andati a votare più di 135 milioni di abitanti, in otto stati del Brasile e nella capitale Brasilia. In totale, 27 stati. Per ragioni di fuso orario, le urne in tutto il Paese non sono state chiuse in contemporanea.
Tutti i sondaggi la davano vincitrice con uno scarto minimo del 10% sull'oriundo calabrese, e la pupilla del presidente Luiz Inacio Lula da Silva si era fatta fotografare già mostrando con le dita la 'V' di vittoria. "Comincia una nuova tappa per la democrazia brasiliana", aveva detto Dilma Rousseff nel presentarsi alle urne parlando come chi ha già vinto: "Il mio compromesso democratico è quello di governare per tutti. Converserò con tutti i brasiliani, senza eccezione".
Ma chi è Dilma? È una signora di ferro che non è giovane né bella né comunicativa. Una donna austera che per tutta la vita ha contrastato i paradigmi culturali di un paese dove il look è prioritoria, la chirurgia estetica un imperativo: glutei modellati, seni rifatti, visi ritoccati. Alla fine, ironia della sorte, ha dovuto accettare le leggi della comunicazione politica, soprattutto televisiva, e ha fatto ricorso al chirurgo. «Iniezioni sottocutanee, niente bisturi», ha minimizzato il suo medico personale all'inizio della campagna elettorale.
L'ultimo incarico politico di prestigio è stata la guida della Casa Civil, una sorta di sottosegreteria alla presidenza. Figlia di un immigrato bulgaro, militante di lungo corso del Pt, ex guerrigliera, torturata negli anni della dittatura militare, una vita dedicata alla politica, una figlia e due divorzi. L'anno cruciale è il 2006, Lula la chiama dopo lo scandalo amministrativo che costringe il suo braccio destro José Dirceu a lasciare l'incarico per un'inchiesta sulla compravendita di voti. Il Pt vive un momento di profonda crisi ma ritrova coesione con la nomina di Dilma, l'incorruttibile Dilma, che saprà imprimere un nuovo corso al complesso apparato amministrativo nazionale e provinciale. Il partito di Lula ritrova un equilibrio grazie a lei. Pericolo scampato.
Intransigente e integerrima è l'erede politico di Lula, "in linea diretta". L'elezione di Lula destò molte perplessità nella comunità finanziaria e in quella imprenditoriale. Ebbene, è riuscito a dissiparle con la sua straordinaria capacità di mediazione. Una difficile quadratura del cerchio che ha garantito stabilità macrofinanziaria e ha condotto 30milioni di brasiliani fuori dalla povertà. Ha realizzato il sogno coltivato da cent'anni: del Brasile si diceva «è il paese del futuro». «Ora lo ha raggiunto questo futuro, è nel futuro», così scrive un documento del Fondo monetario internazionale. Dilma saprà caricarsi sulle spalle un fardello così impegnativo?
Lula ha convinto le agenzie di rating, ha conquistato la fiducia della finanza e al tempo stesso si è trasformato nell'icona delle due anime della sinistra latinoamericana, quella moderata e quella radicale. Dai socialisti di Michelle Bachelet ai socialisti rivoluzionari di Hugo Chavez, dai peronisti progressisti di Nestor Kirchner e poi della moglie Cristina Fernandez ai cocaleros di Evo Morales. Dai seguaci paraguayani del presidente vescovo Fernando Lugo, ai liberalsocialisti uruguayani, fino ai comunisti cubani. Apprezzato da tutti. Un grande mediatore cresciuto nel sindacato dei metalmeccanici.
Dilma invece è poco flessibile. Tempo fa aveva dichiarato di «specchiarsi nelle figure di Hillary Clinton e di Margaret Thatcher e di apprezzare la loro fermezza». Poi ancora: «La pace e l'amore sono valori importanti, ma ci sono momenti in cui deve prevalere l'interesse della collettività». Il riferimento era alle polemiche, innestate dal partito Verde, sull'accordo militare tra Brasile e Francia e all'acquisto di caccia, sottomarini ed elicotteri. Dilma ha spiegato che ora il paese è una potenza politica e militare, ha bisogno di controllare 15mila chilometri di frontiera terrestre e 8mila di frontiera marittima.
Alla vigilia di una vittoria così importante, c'è chi giura che Dilma stia imparando anche a mediare. Un segnale arriva proprio dal dibattito pre-elettorale sull'aborto, che in Brasile è illegale. Dilma vorrebbe liberalizzarlo, l'avversario Serra no. Tre giorni fa, con il sostegno esplicito del Papa, i vescovi brasiliani hanno richiamato i fedeli a fare valere nell'urna il proprio credo religioso. Dilma si è fatta fotografare in chiesa.
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