guerra libica
Sul sito dell'Aeronautica Militare Italiana,
la missione non compare tra le
''Operazioni internazionali''
Nell’articolo de La Stampa dell’11 giugno emerge il ruolo preminente ormai assunto dall’Italia nella guerra che da mesi la NATO sta conducendo contro la Libia. Pare che addirittura il trenta per cento degli attacchi sia portato avanti dalla "nostra" macchina militare. E, già da un po', non ci limitiamo a sorvolare i cieli libici in missioni di ricognizione o di oscuramento di qualche radar; ora sganciamo bombe, rendendoci colpevoli in prima persona dell'omicidio di tanti libici che stanno soccombendo sotto la pioggia di fuoco quotidianamente scatenata dalla NATO. Ciò che dovrebbe destare preoccupazione e – perché no? – sgomento lascia invece evidentemente soddisfatto Lao Petrilli, autore dell’articolo. L’Italia passa infatti dal ricoprire un ruolo marginale ad uno di primo piano.
Se all’inizio si è trovata costretta ad inseguire l’iniziativa franco-britannica si può ora gioire del fatto che la “nostra bella Italia” abbia finalmente ritrovato il posto al sole che merita. Anzi, per citare le parole di una delle fonti utilizzate dal giornalista de La Stampa, “naturale”. Perché non dobbiamo dimenticare che “parliamo di una campagna militare che si svolge in un teatro che è il nostro cortile di casa”.
In effetti, sebbene qualcuno potesse averlo dimenticato o fatto finta di non capire, l’Unione Europea (e in questo caso l’Italia in particolare) ha tutta l’intenzione – e purtroppo siamo già ben al di là delle semplici intenzioni – di trattare la sponda Sud del Mediterraneo esattamente come gli USA hanno trattato e continuano a voler trattare il subcontinente americano, un "patio trasero" in cui non è ammesso altro se non l’allineamento al fine supremo dell’imperialismo: la continua ricerca di profitto.
Che questo si traduca in migliaia di morti (tra l’altro, sebbene gli organi di informazione non ne facciano quasi menzione, i bombardamenti della NATO sulla Libia stanno causando molte più morti che nelle fasi iniziali della guerra), in devastazioni e distruzioni, e che sia sempre più possibile un intervento di truppe di terra (leggi qui e qui) sembra importare poco a molti. Noi però siamo tra quei pochi a cui interessa molto e per questo continuiamo in questo lavoro di informazione (non può nemmeno dirsi di controinformazione dal momento che sulla guerra in Libia si preferisce il silenzio alla distorsione dei fatti!), cercando di piantare - per quanto possiamo - i semi di una opposizione al militarismo e all’imperialismo non solo statunitensi ma anche europei.
In Libia continuano i raid - anche italiani - ma nessuno ne parla. Né si trova più mezzo pacifista disposto a manifestare contro la guerra portata nel Paese di Gheddafi. Improvvisamente sono sparite le bandiere arcobaleno, i vari Alex Zanotelli, i cori, le fotine con la bandiera "dei ribelli" dalle iconcine di Facebook. Tutti si sono girati dall'altra parte.
Il mandato dell'Onu, l'ombrello della Nato e un misto di ipocrisia e buonismo deve aver convinto media e cittadini che in fondo qualche bomba possiamo pure sganciarla anche noi. Gli unici a fare ancora un po' di cagnara sono quelli della Lega. Ma non per amore del popolo di Gheddafi - no - quanto per le conseguenze sull'immigrazione clandestina.
Le bombe della "coalizione", intanto, proseguono a tartassare Tripoli e le forze lealiste. Qualche volta hanno sbagliato e la segnalazione di civili massacrati dal "fuoco amico" - quello giustificato dalla risoluzione 1973 votata dalle Nazioni Unite - è giunta fino in Europa e verrà esaminata. Anche qui, non c'è stato mezzo pacifista disposto a scendere in strada nel nome della pace. La Libia pare ormai sia stata abbandonata dai più al proprio destino. Al pari della Siria, dove ogni giorno si registrano stragi, i profughi scappano ma nessun pacifista muove un dito davanti ad alcuna ambasciata o consolato siriano. Quello che c'è stato - sporadicissimo rispetto alle manifestazioni cui siamo stati abituati - è stato ben poca cosa. Briciole.
D'accordo - mi si ribatterà - c'erano i referendum. Il nucleare, l'acqua pubblica, il legittimo impedimento. Giusto. Ma di fatto la Libia ormai se la sono dimenticata tutti. A tal punto che non ci si accorge nemmeno che sul sito dell'Aeronautica Militare Italiana non compare da tempo nemmeno una notizia sulle attività dei nostri piloti nei cieli di Tripoli. C'è solo un comunicato che racconta il tipo di armamento usato e sottotitolato "Il potere aerospaziale", quasi si trattasse di un videogioco. La guerra in Libia non compare nemmeno sotto l'elenco delle "Operazioni Internazionali" (ci sono invece Iraq e Afghanistan), come se non si stesse svolgendo. Che fanno i nostri piloti? Bombardano? Come? Dove? Quando? E soprattutto: chi? Tutte domande dimenticate da cittadini e popolo arcobaleno che non pretendono più risposte dalle istituzioni: in Libia stiamo combattendo una guerra ma non ci pensiamo più.
E per elencare altre ipocrisie - internazionali questa volta - l'Occidente dovrebbe intervenire in Siria, in Iran, in Darfur, in Yemen, in Somalia...giusto per citarne alcune. Sarebbero anche queste guerre giuste. L'impressione, invece, è che si sia scelto il più "debole", capace di mettere tutti d'accordo in breve tempo e senza troppe difficoltà.
Per non parlare dei tradimenti: Berlusconi era amico di Gheddafi mentre la campagna elettorale di Sarkozy - il primo a far sganciare le bombe sulla Libia - era stata sovvenzionata proprio dal rais.
Il tutto per tacer dei nostri interessi economici: le solerti bombe francesi hanno di fatto interrotto - o fortemente limitato - le attività petrolifere nostrane nella zona. Non una parola da Berlusconi, non una protesta da Frattini che pure è il Ministro degli Esteri. E gli italiani? Per sollievo del Governo, pare adesso pensino ad altro.
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