Finlandia, salario minimo a 1800 euro
Si è concluso il congresso del SAK, uno dei maggiori sindacati finlandesi con un milioni di iscritti di cui il 48% donne, e tra le risoluzioni finali spicca la richiesta di portare a 1800 euro mensili il salario minimo garantito per i lavoratori finlandesi.
Il SAK è una confederazione composta da 21 federazioni di categoria e 110 strutture locali con una forte presenza nell’industria e nei servizi privati e, la pari delle altre due centrali sindacali finlandesi, si preoccupa di tutelare le garanzie sociali ed economiche dei lavoratori attraverso accordi diretti con le compagini sociali e con il governo.
La Finlandia è una delle tre nazioni dell’Europa del nord, insieme a Svezia e Norvegia, che hanno dato da sempre una particolare attenzione al loro modello sociale. In questo particolare periodo dove la ripresa economica globale fa fatica a partire, il SAK ha deciso di condurre alcune lotte su diversi temi che il nostro Paese già conosce.
In effetti, con un tasso di disoccupazione all’8,2%, una disoccupazione giovanile nell’ordine del 23% e un forte scontro in tema di diritto del lavoro, il sindacato finlandese intende chiedere forti garanzie sociali al governo: dall’innalzamento del salario minimo garantito a 1800 euro al miglioramento del sistema dei servizi passando per una riforma fiscale incisiva.
Temi fortemente sentiti dai lavoratoti e che la stessa organizzazione sindacale, in questo particolare momento, ha ribadito.
Bernardette Ségol, neo segretario generale del CES, ha approfittato del congresso nazionale dell’SK per ribadire la posizione dell’intera CES sul particolare momento congiunturale.
Il CES, per voce di Bernardette Ségol, non ha fatto altro che ribadire la volontà di accelerare il processo di integrazione dell’Unione Europea con particolare attenzione verso le politiche sociali e di salvaguardia dei diritti del lavoro.
Il segretario della confederazione sindacale europea ha anche ribadito la posizione critica del sindacato sul patto Euro plus poiché sarebbe non lesivo all’autonomia sindacale ma anche in contrasto con la necessità con il problema del consolidamento finanziario europeo.
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