Francia
i super ricchi a Sarkozy
Tassaci
«Tassaci».
E’ il titolo perentorio, sorprendentemente masochistico, di un «manifesto» lanciato da un nugolo di «super ricchi» francesi. Un appello a Nicolas Sarkozy: invocano una nuova imposta di solidarietà, applicata a chi davvero i soldi ce li ha. Dopo le parole sulla medesima lunghezza d’onda da parte del miliadario (e speculatore) Warren Buffett sull’altra sponda dell’Atlantico e dopo la versione nostrana dello stesso messaggio di Montezemolo, anche in Francia si erano già levate voci simili, ma isolate. Stavolta, invece, si tratta di un appello comune, di un gruppo organizzato.
Il manifesto sarà pubblicato domani sul settimanale Nouvel Observateur. Ma scampoli del testo sono già disponibili in rete. E non è un caso: oggi a Parigi Sarkozy si riunisce con i suoi ministri per definire gli ultimi dettagli della manovra aggiuntiva che anche la Francia deve varare per frenare l’avanzata del deficit pubblico e riproporsi più salda a livello internazionale, in primis al test della fiducia dei mercati. Stasera alle 20, sul canale Tf1, il premier François Fillon illustrerà le misure «lacrime e sangue» che Parigi prenderà, sacrifici comunque ridotti rispetto a quelli che aspettano gli italiani.
In questo contesto, per assicurare che farà la sua parte, si fa vivo il gotha della finanza parigina. Sono sedici tra ricchissimi (vedi l’anziana proprietaria di L’Oréal, Liliane Bettencourt) e influenti manager (come Frédéric Oudéa, alla guida della banca Société Générale, assai bersagliata in Borsa dagli speculatori negli ultimi tempi). A loro si stanno man mano aggiungendo altri componenti del club dei ricchissimi di Francia.
«Nel momento in cui il deficit di bilancio e le prospettive di peggioramento del debito pubblico minacciano il futuro della Francia e dell’Europa – scrivono i nostri – e nel momento in cui il Governo chiede a tutti uno sforzo di solidarietà, ci sembra necessario contribuire». « Siamo consapevoli – precisano – di avere pienamente beneficiato del modello di sviluppo francese e dell’Europa, ai quali siamo fedeli. Tale contributo non è una soluzione in sé: deve far parte di un più ampio sforzo di riforma, sia sul fronte delle spese che su quello delle entrate». Ovviamente i super ricchi chiedono che il loro contributo sia calcolato «sulla base di proporzioni ragionevoli» cosi’ da evitare «effetti economici indesiderabili, come la fuga dei capitali o la crescita dell’evasione fiscale».
Subito per stemperare tanto buonismo, alcune osservazioni. Mentre l’aliquota dell’Irpef francese, applicata ai più abbienti, è del 41% (già inferiore a quella di altri Paesi europei per la stessa categoria di reddito), secondo i dati dell’Insee, l’organismo statistico pubblico, lo 0,01% più ricco della popolazione paga appena il 15%, approfittando di svariate «nicchie fiscali» (come vengono chiamati gli sgravi concessi a categorie professionali e situazioni particolari dal fisco francese), che Sarkozy sta da tempo cercando di limitare per battere cassa. Insomma, i margini per far pagare di più i miliardari ci sono, eccome. Inoltre, per quanto riguarda Liliane Bettencourt, uno dei firmatari, bisognerebbe forse ricordare che l’anno scorso è stata al centro di uno scandalo, che fra le altre cose ha fatto emergere evasioni fiscali a suo carico ed enormi proprietà non dichiarate all’estero (compresa un’isola delle Seychelles). Deve già restituire una trentina di milioni di euro allo Stato francese.
Detto questo, è chiaro che qualcosa sta cambiando a Parigi. Mentre lo stesso Sarkozy, che di certo non è un progressista e tantomeno un rivoluzionario, vista la situazione, non esita più ad «attaccare» la categoria dei super ricchi, che costituiscono il nucleo centrale dei finanziatori delle sue campagne elettorali e una parte del proprio elettorato. Subito dopo la sua elezione, nel 2007, aveva introdotto un’iniqua regola, per cui si limitava al 50% massimo il prelievo fiscale (compreso non solo l’Irpef, ma anche tutto il resto) per ogni cittadino francese: una norma, ovviamente, che favoriva i più abbienti. Al tempo stesso aveva cominciato a dire che avrebbe eliiminato la patrimoniale, in Francia imposta dai tempi di Mitterrand. La primavera scorsa, però, inversione di rotta: la regola del tetto del 50% è stata fatta fuori. E per la patrimoniale è stato aumentato il livello minimo di applicazione (da 800mila euro a 1,3 milioni), ma la tassa non è stata sopressa.
Intanto, fra le misure che saranno annunciate oggi, dovrebbe esserci una nuova tassa dell’1 o del 2% da applicare alle 30mila famiglie più facoltose del Paese. Sarà calcolata sul «reddito fiscale di riferimento», quello imponibile sommato alle plusvalenze mobiliari e immobiliari e ai redditi percepiti all’estero. L’obiettivo del Governo è una manovra aggiuntiva di quattro miliardi quest’anno e di una decina l’anno prossimo. Briciole rispetto all’Italia. Ma bisogna agire in fretta. A pagare saranno soprattutto i più ricchi? Certo. E la questione non sembra ormai scandalizzare più nessuno. Neppure i (rassegnati) diretti interessati.
Il manifesto sarà pubblicato domani sul settimanale Nouvel Observateur. Ma scampoli del testo sono già disponibili in rete. E non è un caso: oggi a Parigi Sarkozy si riunisce con i suoi ministri per definire gli ultimi dettagli della manovra aggiuntiva che anche la Francia deve varare per frenare l’avanzata del deficit pubblico e riproporsi più salda a livello internazionale, in primis al test della fiducia dei mercati. Stasera alle 20, sul canale Tf1, il premier François Fillon illustrerà le misure «lacrime e sangue» che Parigi prenderà, sacrifici comunque ridotti rispetto a quelli che aspettano gli italiani.
In questo contesto, per assicurare che farà la sua parte, si fa vivo il gotha della finanza parigina. Sono sedici tra ricchissimi (vedi l’anziana proprietaria di L’Oréal, Liliane Bettencourt) e influenti manager (come Frédéric Oudéa, alla guida della banca Société Générale, assai bersagliata in Borsa dagli speculatori negli ultimi tempi). A loro si stanno man mano aggiungendo altri componenti del club dei ricchissimi di Francia.
«Nel momento in cui il deficit di bilancio e le prospettive di peggioramento del debito pubblico minacciano il futuro della Francia e dell’Europa – scrivono i nostri – e nel momento in cui il Governo chiede a tutti uno sforzo di solidarietà, ci sembra necessario contribuire». « Siamo consapevoli – precisano – di avere pienamente beneficiato del modello di sviluppo francese e dell’Europa, ai quali siamo fedeli. Tale contributo non è una soluzione in sé: deve far parte di un più ampio sforzo di riforma, sia sul fronte delle spese che su quello delle entrate». Ovviamente i super ricchi chiedono che il loro contributo sia calcolato «sulla base di proporzioni ragionevoli» cosi’ da evitare «effetti economici indesiderabili, come la fuga dei capitali o la crescita dell’evasione fiscale».
Subito per stemperare tanto buonismo, alcune osservazioni. Mentre l’aliquota dell’Irpef francese, applicata ai più abbienti, è del 41% (già inferiore a quella di altri Paesi europei per la stessa categoria di reddito), secondo i dati dell’Insee, l’organismo statistico pubblico, lo 0,01% più ricco della popolazione paga appena il 15%, approfittando di svariate «nicchie fiscali» (come vengono chiamati gli sgravi concessi a categorie professionali e situazioni particolari dal fisco francese), che Sarkozy sta da tempo cercando di limitare per battere cassa. Insomma, i margini per far pagare di più i miliardari ci sono, eccome. Inoltre, per quanto riguarda Liliane Bettencourt, uno dei firmatari, bisognerebbe forse ricordare che l’anno scorso è stata al centro di uno scandalo, che fra le altre cose ha fatto emergere evasioni fiscali a suo carico ed enormi proprietà non dichiarate all’estero (compresa un’isola delle Seychelles). Deve già restituire una trentina di milioni di euro allo Stato francese.
Detto questo, è chiaro che qualcosa sta cambiando a Parigi. Mentre lo stesso Sarkozy, che di certo non è un progressista e tantomeno un rivoluzionario, vista la situazione, non esita più ad «attaccare» la categoria dei super ricchi, che costituiscono il nucleo centrale dei finanziatori delle sue campagne elettorali e una parte del proprio elettorato. Subito dopo la sua elezione, nel 2007, aveva introdotto un’iniqua regola, per cui si limitava al 50% massimo il prelievo fiscale (compreso non solo l’Irpef, ma anche tutto il resto) per ogni cittadino francese: una norma, ovviamente, che favoriva i più abbienti. Al tempo stesso aveva cominciato a dire che avrebbe eliiminato la patrimoniale, in Francia imposta dai tempi di Mitterrand. La primavera scorsa, però, inversione di rotta: la regola del tetto del 50% è stata fatta fuori. E per la patrimoniale è stato aumentato il livello minimo di applicazione (da 800mila euro a 1,3 milioni), ma la tassa non è stata sopressa.
Intanto, fra le misure che saranno annunciate oggi, dovrebbe esserci una nuova tassa dell’1 o del 2% da applicare alle 30mila famiglie più facoltose del Paese. Sarà calcolata sul «reddito fiscale di riferimento», quello imponibile sommato alle plusvalenze mobiliari e immobiliari e ai redditi percepiti all’estero. L’obiettivo del Governo è una manovra aggiuntiva di quattro miliardi quest’anno e di una decina l’anno prossimo. Briciole rispetto all’Italia. Ma bisogna agire in fretta. A pagare saranno soprattutto i più ricchi? Certo. E la questione non sembra ormai scandalizzare più nessuno. Neppure i (rassegnati) diretti interessati.
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