venerdì 24 settembre 2010
UN PAESE SENZA LEGGE : italia
Oltralpe sono in molti a pensare che in Italia la legge non sia più uguale per tutti. Ieri ne abbiamo avuto l’ennesima conferma. Il Parlamento ha respinto la richiesta di autorizzazione all’uso di intercettazioni nei confronti di Nicola Cosentino, l’ex sottosegretario indagato per presunti rapporti con il clan dei Casalesi. L’applauso che ha accolto i risultati della votazione sembrava celebrare l’ennesima vittoria dei politici sui poteri giudiziari, ormai identificati da una buona fetta dei parlamentari come il «nemico».
L’ostilità tra esecutivo e magistratura fornisce anche una possibile chiave di interpretazione del giallo della votazione. Al conteggio finale dei sì mancavano una quindicina di voti, presumibilmente finiti tra i no. Qualcuno che non doveva si è schierato con il Popolo della libertà. Diserzioni importanti poiché questo governo è appeso ad una corda sfilacciata, che può cedere in qualsiasi momento. Ma è chiaro che ciò non avverrà mai su una questione come le intercettazioni dei parlamentari. C’era infatti d’aspettarsi che su questo voto la fedeltà al proprio partito e leader contava ben poco poiché votando no si proteggevano i propri interessi.
Legislazioni, votazioni e prassi ad personam sono ormai la manifestazione di quello che europei ed americani definiscono contaminazione Italia: come il Bel Paese si sta trasformando nel regno dell’illegalità. E mentre l’illecito prende piede nella quotidianità, confinando fette sempre più sostanziose della nostra economia nel sommerso, le critiche degli stranieri sono concentrate sulla gestione delle istituzioni dello Stato e sul dilagare dell’attività del crimine organizzato.
La presunta attività di riciclaggio all’interno dello IOR, che ha portato al sequestro di 23 milioni di euro, ha riempito le prime pagine dei maggiori quotidiani stranieri. Una singolare triangolazione bancaria trasferiva denaro dai conti dello IOR accesi presso il Credito Artigiano a beneficiari sconosciuti presso la JP Morgan di Francoforte e presso la Banca del Fucino. Nelle sale cambi del villaggio globale e nelle banche centrali occidentali l’idea del «riciclaggio in confessionale» fa tremare molti, specialmente a chi ha intrattenuto attività professionali con lo IOR, cioè la maggioranza delle banche e delle finanziarie internazionali.
All’estero ci si chiede come sia possibile che il braccio bancario del Vaticano continui a seguire una prassi da paradiso fiscale, autorizzando pagamenti su conti cifrati, un’attività che va contro la regola d’oro bancaria: «conosci il tuo cliente», imposta a tutte, ma proprio tutte, le banche occidentali. Ancora più incomprensibile è il comportamento della Banca d’Italia, l’organo di vigilanza, che non ha bloccato questa prassi prima che lo facesse la magistratura. Perché allo IOR si riserva un trattamento con i guanti bianchi mentre trasferimenti analoghi su conti cifrati da parte di qualsiasi altra banca italiana avrebbero provocato come minimo sanzioni salatissime?
Due pesi e due misure è il mantra che sale dal nostro paese. E spesso chi ci guadagna è il crimine organizzato la cui attività si intromette tra le maglie ormai recise dell’uguaglianza della legge. A Gioia Tauro approda una nave battente bandiera liberiana carica di esplosivo, sette tonnellate di T4, la stessa sostanza usata nell’attentato a Falcone e a Borsellino, abbastanza per far saltare in aria tutto il porto. Pare che provenga dall’Iran e sia destinata alla Siria. Transita a Gioia Tauro insieme ai seimila container che entrano ed escono quotidianamente dal porto più trafficato del Mediterraneo.
Non è la prima volta che soffiate ed intercettazioni allertano le autorità portuali, l’antidroga e l’antiterrorismo; controllare ogni giorno anche una frazione infinitesimale di seimila container è fisicamente impossibile. La scoperta di grosse partite d’armi e di cocaina a Gioia Tauro in transito o destinate alle ‘ndrine hanno infatti fatto il giro del mondo più volte. Chi vive all’estero si domanda come mai queste scoperte non avvengano anche a Barcellona o a Istanbul. Perché il crimine internazionale predilige questo porto calabrese lontano da qualsiasi grosso centro commerciale? E la risposta più logica che fino ad ora si è trovata è che a Gioia Tauro è più facile farla franca.
http://www.unita.it/news/loretta_napoleoni/103798/un_paese_senza_legge
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