ITALIA
I COSTI DELLA POLITICA
LA CAMERA DEI DEPUTATI
LA CAMERA DEI DEPUTATI "RUBA" AI CONTRIBUENTI 46 MLN € L’ANNO IN AFFITTI, TRA SPRECHI, AFFIDAMENTI SENZA GARA, CONTRATTI TOP SECRET E CLAUSOLE CAPESTRO - 2 - PER QUATTRO EDIFICI NEL CENTRO DI ROMA, LOR SIGNORI SPENDONO UNA CIFRA TANTO ELEVATA CHE SAREBBE PIÙ CONVENIENTE ACQUISTARLI - 3 - LO SCANDALO DI PALAZZO MARINI: GLI UFFICI DI 235 DEPUTATI E TRE APPARTAMENTI CI COSTANO 320 EURO AL MESE PER METRO QUADRATO - 4 - QUANTA FORTUNA PER L’IMMOBILIARISTA ROMANO SERGIO SCARPELLINI, CHE DAL ’97 AD OGGI HA CONQUISTATO LA SIMPATIA DI TUTTO L’ARCO COSTITUZIONALE, LEGA COMPRESA -
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Pier Francesco Borgia e Gian Marco Chiocci per "Il Giornale"
montecitorio Ecco l'Affittopoli della Camera dei deputati. Gli sprechi, i canoni irrisori, gli affidamenti senza gara, i contratti top secret , le clausole capestro. I dati «fantasma» su Montecitorio rivelati dal Giornale grazie anche alle difficili investigazioni dei radicali e del parlamentare Pdl Amedeo Laboccetta. Cominciamo dai canoni stellari, dunque. I gioielli più costosi del mercato immobiliare, è notorio, si trovano al centro della capitale. Ma quelli che valgono oro sono rintracciabili a metà strada tra piazza Colonna (dove si affaccia Palazzo Chigi) e piazza di Spagna.
montecitorio Un esempio che rende l'idea? Palazzo Marini. È un grande stabile sulla centralissima via del Tritone. Buona parte dei suoi uffici - canone 2010 - sono stati affittati alla Camera per oltre 13 milioni di euro (per l'esattezza 13.269.346 euro). Lo spazio è ampio. Serve ad alloggiare gli uffici di 235 deputati, oltre a tre appartamenti di rappresentanza.
Rissa alla camera I locali appartengono alla società immobiliare Milano 90 di Sergio Scarpellini. Un partner affidabile per Montecitorio, visto che l'istituzione ha affittato dalla sua società non un solo stabile di queste dimensioni e con queste finalità istituzionali, bensì quattro. E nessuno con gara o avviso pubblico. Per un totale di 12mila metri quadrati.
Locali ovviamente chiavi in mano, cioè ristrutturati e arredati secondo il bisogno del locatario e forniti anche del personale di vigilanza, del servizio mensa e di assistenza ai piani. La Camera solo quest'anno spenderà più di 46 milioni di euro (stando ai dati del Bilancio di previsione 2010) per far alloggiare i suoi deputati in questi uffici. Forse spendere più di 3.850 euro l'anno al metro quadro (320 euro al mese) è una cifra piuttosto consistente. A nutrire questo sospetto sono stati alcuni parlamentari (Rita Bernardini dei radicali e Amedeo Labocetta del Pdl) che hanno chiesto lumi all'Ufficio di presidenza.
Granata nel cuore della rissa Botte tra leghisti e Fli Non si sono limitati a questo; hanno osato chiedere addirittura la rescissione di questi contratti considerati troppo onerosi scontrandosi con i vertici burocratici e politici della Camera, che solo alla fine si sono dovuti arrendere, dando pubblicità ad atti finora mai resi pubblici. La cosa però è più complicata di quanto possa apparire anche a chi conosce bene i punti meno «battuti» del Codice civile (dove peraltro è scritto che i contratti di affitto per locali ad uso professionale possono sempre essere disdetti da parte del locatario).
Botte da orbi alla Camera La Camera ha stipulato il primo dei quattro contratti nel '97. Il cosiddetto «Marini 1» impegna le parti per un periodo di «9 più 9» anni. Il 21 settembre scorso, però, l'aula di Montecitorio, durante la lettura, la discussione e l'approvazione del Bilancio di previsione del 2010, è riuscita a far passare la rescissione del contratto.
LUCIANO VIOLANTE E SIGNORA Dal 2012 gli oltre 200 deputati che hanno l'ufficio in via del Tritone dovranno cercarsi una nuova sistemazione. Questo è stato possibile perché il «Marini 1» è l'unico dei quattro contratti che non prevede una clausola che vincola il locatario al rinnovo automatico. Un vincolo davvero insolito. Che non è presente nemmeno nel contratto del cosiddetto «Marini 2» (immobile di via Poli 14/20).
GIANFRANCO FINI Infatti è in una lettera redatta e spedita sei mesi dopo la firma del contratto che viene scritta nero su bianco la rinuncia alla disdetta anticipata della locazione. Il contratto è stato redatto nel luglio del '98. E il 17 dicembre il Servizio amministrazione della Camera dei deputati spedisce alla Milano 90 una lettera in cui si scrive tra l'altro: «La presente Amministrazione rinuncia formalmente alla facoltà di recesso anticipato, contrattualmente riconosciutale a far data dall'inizio del decimo anno di rapporto».
Sergio Scarpellini Non è casuale la specifica del «decimo anno» visto che nei contratti c'è scritto che la disdetta non è possibile fino al decimo anno (il primo del rinnovo automatico). La Camera dei deputati, quindi, rinuncerà agli uffici di via del Tritone ma non si libererà dei contratti che la legano alla Milano 90 per gli immobili denominati «Marini 2», «Marini 3» e «Marini 4».
Contratti stipulati tra il '98 e il 2000 e che quindi vedranno la loro validità esaurirsi non prima del 2016. Secondo un calcolo approssimativo (in virtù del fatto che ogni anno gli importi dei canoni variano perché soggetti all'indicizzazione Istat), alla fine la Camera dei deputati avrà versato nelle casse della «Milano 90» oltre 540 milioni di euro nel corso di 23 anni. «Secondo questo calcolo - spiega l'onorevole Laboccetta, che insieme con la Bernardini (Pr) ha sollevato il problema dei costi di questi immobili - con la stessa cifra e per la stessa metratura è come se la Camera avesse acquistato immobili per un prezzo che oscilla tra 41.600 ai 50mila euro al metro quadrato».
Amedeo Laboccetta Non proprio a prezzi di mercato (che nella zona del Tritone come in tutto il centro storico si aggirano al massimo sui 10mila euro al metro quadro). Insomma il locatario (in questo caso la Camera dei deputati) non ha badato a spese e non ha nemmeno sottilizzato su un fattore tutt'altro che secondario.
Al momento di prendere in affitto i locali del cosiddetto «Marini 1» (il già citato palazzo su via del Tritone) il proprietario non sarebbe stato in condizioni di concedere il affitto i locali per uso ufficio. La destinazione d'uso era un'altra. Insomma la Camera affitta a prezzi piuttosto fuori mercato e non trova nulla da ridire sul fatto che quegli stessi locali non potrebbero nemmeno essere affittati come uffici.
Rita Bernardini Al problema si rimedia in sede di contratto. L'articolo 14 al punto 1 spiega che «la conduttrice Camera dei Deputati dichiara di essere edotta dell'attuale destinazione d'uso delle porzioni immobiliari oggetto della locazione».
Al punto 2 dello stesso articolo si va ben oltre. «La Camera dei deputati - è scritto - attiverà, entro e non oltre giorni 15 dalla data della sottoscrizione apposta in calce, ogni necessaria procedura di legge per conseguire il cambio di destinazione d'uso delle porzioni immobiliari oggetto della locazione».
Rosella Sensi Solitamente dovrebbe essere il proprietario a impegnarsi alla modifica della destinazione d'uso e non l'affittuario. Secondo quanto ricostruito dal Giornale, il Municipio I non ha subito concesso il cambio di destinazione d'uso. Questo è stato poi assicurato direttamente dagli ufficio del Campidoglio (il sindaco di allora era Francesco Rutelli).
QUEL PALAZZINARO ROMANISTA SEMPRE IN AFFARI CON LA POLITICA
Gian Marco Chiocci per "Il Giornale"
Del «sor Sergio», come a Roma chiamano il costruttore Sergio Scarpellini (classe 1937), si sono occupati un po' tutti, dagli inviati dei grandi giornali al Romanista per finire ai segugi di Reporter. Lui, titolare di un piccolo impero immobiliare, controllato da alcune società finanziarie, non ama troppo mettersi in mostra. Al contrario vanta un basso profilo piuttosto insolito nella genìa romanesca.
Nei primi anni Novanta la sua società immobiliare navigava in acque difficili (per non dire tempestose). Erano gli anni della crisi del mattone. Come già riportato dal nostro giornale (16 giugno 2007), la società Milano 90, controllata del gruppo Scarpellini, chiuse il peggiore bilancio della sua storia nel '95 con perdite di oltre 12 miliardi di lire. Tanto che il Banco di Napoli aveva avviato un'istanza di fallimento nei confronti della capofila Immobilfin srl. È stato forse il punto più difficile della carriera del «sor Sergio».
la casta rizzo stella cover Poi le cose cambiarono, grazie anche al ritorno in auge del mattone come migliore investimento anticrisi. Il punto di svolta è il '97 con la firma del primo contratto di affitto in favore della Camera dei deputati (allora presieduta da Luciano Violante dei Ds). Nelle pagine della Casta di Rizzo e Stella un capitolo è dedicato proprio al coup de foudre tra Scarpellini, descritto come palazzinaro e proprietario di una delle più grandi scuderie italiane, e Montecitorio.
È l'inizio di una grande amicizia tra il costruttore e la politica. Un rapporto forte e intenso, ma trasparente. Un'amicizia capace di vincere anche le iniziali diffidenze degli ultimi arrivati nello scenario politico: i parlamentari della Lega Nord.
Scarpellini è infatti un munifico sostenitore. A 360°, però. E tutto alla luce del sole, con tanto di ricevute e dichiarazioni pubbliche. Consolidato il ménage con la Camera, la liquidità in cassa aumenta e il gruppo Immobilfin può iniziare a fare «shopping». Nel suo portafoglio entrano anche i terreni della Romanina e quelli della Monachina (130 ettari) dove dovrebbe sorgere il nuovo stadio della Roma, il cui progetto è stato approvato in maniera bipartisan nel settembre del 2009 da Piero Marrazzo (presidente della Regione Lazio) e Gianni Alemanno (sindaco di Roma).
Insomma, il rapporto con la politica di Scarpellini è schietto e soprattutto trasparente. Ma non privo di insidie. A cominciare dal già citato contratto per il «Marini 1» che la Camera ha deciso di rescindere. Intervistato il 13 ottobre scorso dal Sole24Ore, l'immobiliarista non si scompone: «Non credo che la Camera scinderà il contratto. E anche se lo facesse, affitteremo quell'immobile ad altri clienti». E sul fatto che i contratti dei quattro immobili siano stati fatti a trattativa privata, senza evidenza pubblica, Scarpellini tira fuori la complessità del servizio fornito. «Il global service chiavi in mano - spiega l'immobiliarista - è parte essenziale dell'accordo, con vantaggi per la Camera: confrontando i costi del contratto global service con quelli che la Camera avrebbe sostenuto aderendo alla convenzione Consip, Montecitorio ha risparmiato in 12 anni oltre 67 milioni.
Per non parlare dei costi che la Camera dovrebbe affrontare se al posto dei miei 400 dipendenti con contratto alberghiero utilizzasse suo personale. Un commesso della Camera guadagna almeno tre volte di più». Il costruttore ha un solo rimpianto: proprio la politica. Se avesse quindici anni di meno scenderebbe in campo, confessa al cronista del foglio economico. Mentre Dagospia sostiene che il suo ultimo flirt è con la nuova creatura di Fini, dandolo come spettatore attento durante la convention di Futuro e libertà di Bastia Umbra del 7 novembre scorso.
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