PARLA CHIARO IL PRESIDENTE LULA
Parla chiaro il presidente Lula, ventidue giorni prima di lasciare il potere, e non è la prima volta. Fino ad oggi, 9 dicembre, è l’unico uomo di governo ai massimi livelli che ha avuto l’ardire di difendere Assange: “Invece di incolpare chi ha divulgato quei documenti, bisognerebbe accusare coloro che li hanno scritti.” Una semplice verità, questa di Lula, che fa sempre meno parte del sentire comune. Invece di accusare il corruttore, si accusa il giudice che lo accusa. Invece di lavorare a Copenaghen prima, a Cancun adesso, per l’urgente rispetto del Trattato di Kioto, le grandi potenze si rimbalzano scuse e pretesti. Invece di togliere il segreto bancario che consente ai grande narcotraffico di far circolare il loro denaro di banca in banca, si permettono gli eccessi sanguinari di polizia, esercito, sicari e paramilitari.. Il Presidente della Bolivia, Evo Morales, lo ha detto chiaro: “Credete forse che il grande narcotrafficante, il pesce grosso del narcotraffico se ne vada trascinando il suo denaro nello zaino, in valigia, viaggiando in aereo? No. Quel denaro circola nelle banche.” Invece di sbrigarsi a portare ad Haiti tutto l’aiuto necessario, si insiste su una popolazione ribelle e ingovernabile.
Torno a Lula: era davvero scandalizzato quando a Brasilia, dove pronunciava uno dei suoi ultimi discorsi da Presidente, ha protestato contro l’attentato alla libertà di espressione rappresentata dall’arresto di Assange. Lula denuncia la caccia l’uomo e ironizza sul fatto che ci mancava solo che affiggessero dappertutto i cartelli di “Cercasi vivo o morto”, come nei film western. Ci sarà chi lo seguirà in questa presa di posizione al fianco del creatore di Wikileaks?
Non parla chiaro (ma non è una novità), lo scrittore peruviano con passaporto spagnolo Mario Vargas Llosa, vincitore del Premio Nobel per la Letteratura. Il suo discorso all’Accademia di Svezia, condito da commozione e lacrime, pieno di riferimenti biografici, con uno sperticato ringraziamento a sua moglie, vera anima della sua carriera di scrittore grazie alle sue doti organizzative e di pianificazione economica, è stato un elogio –senza se e senza ma- al liberalismo come un sistema senza macchia, un meccanismo perfetto che conduce l’uomo ala sua realizzazione totale. Ha rivolto il suo pensiero non solo all’amato Perù natale, ma anche a tutti gli altri paesi del suo continente dividendoli fra buoni e cattivi. Inutile dire che Cuba e il Venezuela sono cattivi, molto cattivi; da Mario Vargas Llosa non potevamo aspettarci altro. Ma che fra i buoni ci mettesse il Messico supera davvero la fantasia più sfrenata. Il Messico è oggi fra i paesi più violenti e corrotti del mondo. I cartelli del narcotraffico fanno il buono e il cattivo tempo, il femminicidio è un crudelissimo strumento di eliminazione delle donne. Ma di tutto questo Mario non si accorge. Gli vorrei suggerire, se gli avanzasse un pò di tempo nella sua agenda dei festeggiamenti a Stoccolma, di leggere il País del 9.12 dove troverà una notiziola che, nella sua leggerezza, ci dà la misura del potere ormai raggiunto dai cartelli messicani: Venti sicari membri del famigerato cartello Los Zetas, hanno attaccato un carcere in Guatemala e hanno liberato Elmer Aroldo Zelada Galdaméz, in galera con l’accusa di aver ucciso un calciatore e di svariati altri omicidi. Ma tant’è, in Messico si tengono regolarmente elezioni –spesso truccate-, non viene messa in discussione la collaborazione con gli Stati Uniti e non si parla nemmeno di integrazione latinoamericana. Viva il liberismo!
di Gianni Minà
Fonte: giannimina-latinoamerica.it
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