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venerdì 27 luglio 2012

Antonio Ingroia a Tabularasa



Antonio Ingroia Via D'Amelio 19 luglio 2012 Palermo 

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Antonio Ingroia Via D'Amelio 19 luglio 2012

Reggio calabria, 25 luglio 2012. “Il lavoro del magistrato non si esaurisce nel cercare di fare nel migliore dei modi possibili il lavoro d’ufficio, ma continua fuori dal palazzo di giustizia, deve aprirsi alla città e ai cittadini per cercare di confrontarsi sulle tematiche e raccontare… combattendo insieme ogni forma di mafia e corruzione”: Antonio Ingroia a Tabularasa quindi racconta la sua giornata campale: “è stata una giornata importante non solo per ragioni professionali (quella che si è chiusa è forse la più importante indagine della procura di Palermo degli ultimi anni)  ma perché riguarda una stagione cruciale della nostra storia: il 1992 con l’omicidio Lima, le stragi di Capaci e via D’Amelio e il terrore che ne è seguito. Negli ultimi tempi abbiamo saputo che mentre ufficialmente lo Stato combatteva la mafia, dietro le quinte trattava… molte risultanze ci dicono che Borsellino e la scorta sono stati uccisi perché Borsellino era un ostacolo alla trattativa. Io sono legato sentimentalmente alla storia di Borsellino, mio amico e maestro… nel ventesimo anniversario di via D’Amelio, un processo ai mafiosi ma anche agli uomini dello Stato che hanno partecipato o comunque consentito alla trattativa è un omaggio da parte mia, dei colleghi e della procura proprio a Borsellino.”

E’ un fiume in piena Ingroia, s’indigna per un paese che “è un’arena dove tutto è consentito, anche gli insulti peggiori, senza che accada nulla, come se fosse normale calunniare e diffamare magistrati che cercano di fare il proprio dovere”, ritorna sulla questione del passaggio di testimone alla politica (“la magistratura credo che abbia fatto, stia svolgendo e continuerà a svolgere la propria parte fino in fondo,ma sullo specifico terreno di verità su quella stagione difficile delle stragi e delle trattative,con gli strumenti attuali non può andare avanti. E’ la Politica che deve consegnare gli strumenti giusti per abbattere i muri dell’ omertà mafiosa e della reticenza istituzionale”), non si fa sfuggire un passaggio sullo scontro tra poteri in Italia (“si è creata un preoccupante scollamento tra legalità e giustizia: la legge, che dovrebbe essere uno strumento per giustizia, con il moltiplicarsi di leggi di privilegio, impunità, immunità è percepita sempre più ingiusta. La radice del problema è che la magistratura, per decenni un blocco di potere, garante di una giustizia diseguale nella sua applicazione, da qualche decennio è sfuggita al controllo dei poteri della  classe dirigente, è diventata un corpo estraneo, da attaccare per normalizzare o costringere ad applicare leggi ingiuste”). 

Ingroia spiega in parole povere la questione del conflitto di attribuzione: “il tema riguarda la procedura da utilizzare per la distruzione di intercettazioni irrilevanti e inutilizzabili. Nel caso in questione, è indubbio, e la procura di Palermo l’ha sempre sostenuto, che il Capo dello Stato non sia intercettabile (e infatti non è stato mai intercettato direttamente). Detto questo: sarebbe avvenuto che nel corso di un’intercettazione dell’ex senatore Mancino, indagato, sarebbe stata colta casualmente una conversazione con il Capo dello Stato. Quando ci si imbatte in personalità coperte da immunità, quali sono le conseguenze previste dall’ ordinamento? Da alcuni, tra cui Scalfari, è stato proposto che nello stesso momento dell’intercettazione l’ufficiale di polizia dovrebbe interrompere e distruggere tutto: ma questo non è possibile tecnicamente perché le intercettazioni non vengono ascoltate con la cuffia in diretta, ma registrate automaticamente. Dalla Presidenza della Repubblica si ritiene invece che si debba procedere a immediata distruzione con richiesta del pm a giudice, senza depositarle mettendole a conoscenza di altro intercettato, che però potrebbe per difesa avere utilità di conoscerle…  tra l’interesse potenziale dell’ indagato intercettato di ascoltare intercettazione e l’interesse della personalità istituzionale la cui immunità deve essere tutelata, quale prevale? La legge non prevede una disciplina particolare per il Capo dello Stato, quindi la distruzione sarebbe avvenuta dopo avere depositato… ma poiché avevamo ritenuto che queste intercettazioni fossero irrilevanti, le avevamo stralciate, neanche depositate agli atti, quindi il rischio di un’imminente conoscibilità non c’era… La Presidenza ha ritenuto fosse necessario sollevare la questione alla Corte Costituzionale, ma ci sono stati altri casi simili: in particolare, nel 1997, Scalfaro fu intercettato sempre casualmente dalla procura di Milano che depositò l’intercettazione, in seguito oggetto di interpellanza parlamentare. L’allora ministro della giustizia si pronunciò ritenendo che vi fosse nell’ordinamento una mancanza legislativa da colmare, ma non si è mai fatto.”

E sul Guatemala Ingroia afferma: “nell’ipotesi in cui dovessi davvero accettare questo incarico che comunque è temporaneo, ho deciso di non prendere ferie, resterò al lavoro per tutto agosto…Non sparirò, comunque. Tra le motivazioni, ritengo da anni che possa essere controproducente un eccesso di personalizzazione delle indagini giudiziarie a uomini che diventano volenti o nolenti simbolo, perchè quando la speranza delle indagini e la ricerca della verità si coagulano attorno a una personalizzazione, innanzitutto si scatenano polemiche politiche da parte di chi ha fastidio per le indagini e non potendo attaccarle direttamente attacca il giudice (per cui, se si toglie la personalizzazione, le  indagini affidate in mani sicure e altrettanto competenti procedono e se ne giovano); in secondo luogo, i cittadini finiscono per depositare tutto sulle spalle di questa personalità, e quindi ci si aspetta che faccia il miracolo (impossibile con questi strumenti)…Poi, sono convinto che l’impegno a livello internazionale può servire non solo per il mondo ma anche per l’Italia (abbiamo bisogno di riannodare fili dall’altra parte), abbiamo la necessità di esportare la cultura dell’antimafia in tutto il mondo… Credo che delegando tutto alla magistratura non si vada da nessuna parte. Ci vuole un salto di qualità, ora. Non è un passo indietro, una fuga, ma un passo di lato.” E poi una promessa: “al primo ritorno dal Guatemala torno a Reggio Calabria” Ma: “la circolare del CSM stabilisce che fino al giorno in cui prenderò possesso della nuova sede posso sempre revocare, magari ho un ripensamento, chi lo sa…”

Josephine Condemi (strill.it)

VIDEO : http://cipiri12.blogspot.it/2012/07/marco-travaglio-trattativa-stato-mafia.html
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