Secondo il settimanale "l’attuale leader della Lega" ed "anche Maroni" avrebbero utilizzato parte dei 48 milioni di euro per cui sono finiti sotto accusa il Senatur e Belsito. Lo dimostrerebbero le carte del partito tra la fine del 2011 e il 2014, denuncia esplosiva de L'Espresso.
Stando alla inchiesta di Giovanni Tizian e Stefano Vergine pubblicata da L’Espresso anche Matteo Salvini avrebbe utilizzato i soldi per cui sono finiti nei guai Bossi e Belsito. E come lui Roberto Maroni. “Gli eredi del Senatùr sostengono di non aver visto un euro di quegli oltre 48 milioni - fa presente il settimanale - ma i documenti ottenuti da L’Espresso" dimostrerebbero che "esiste un filo diretto tra la truffa firmata dal fondatore e i suoi successori”.
Secondo L’Espresso (testualmente) “tra la fine del 2011 e il 2014, infatti, prima Maroni e poi Salvini hanno incassato e usato i rimborsi elettorali frutto del reato commesso dal loro predecessore. E lo hanno fatto quando ormai era chiaro a tutti che quei denari rischiavano di essere sequestrati”.
L'accusa
Per meglio comprendere occorre tornare al 5 aprile del 2012, allorché, "a poche ore dalla perquisizione della Guardia di Finanza nella sede di via Bellerio, a Milano, il Senatur si dimette da segretario del partito. A metà maggio molti giornali riportano che a essere indagato non è solo il tesoriere Francesco Belsito, ma anche il fondatore della Lega Nord Umberto Bossi. Si parla ovviamente del reato di truffa ai danni dello Stato in relazione ai rimborsi elettorali".
L'elezione di Maroni
Il 1 luglio “Maroni viene eletto nuovo segretario del partito. E quattro mesi dopo, il 31 ottobre, passa per la prima volta alla cassa. Come certifica un documento inviato dalla ragioneria del Senato alla Procura di Genova, quel giorno l’attuale governatore della Lombardia riceve 1,8 milioni di euro. È il rimborso che spetta alla Lega per le elezioni politiche del 2008, quelle vinte da Berlusconi contro Veltroni. Il primo di una lunga serie. Da qui in poi a Maroni verranno intestati parecchi bonifici provenienti dal Parlamento”, scrive L’Espresso.
In questo modo – si legge sul settimanale – alla fine del 2013, al termine del mandato di segretario, Maroni aveva “ricevuto 12,9 milioni di euro. Tutti rimborsi relativi a elezioni comprese tra il 2008 e il 2010, quando a capo del partito c’era Bossi e a gestire la cassa era Belsito. Insomma, proprio i denari frutto della truffa ai danni dello Stato”.
Con Maroni le cose non cambiano, “solo le cifre”, precisa il settimanale diretto da Tommaso Cerno. Intanto l’inchiesta procede. A giugno del 2014 arrivano le richieste di rinvio a giudizio. Si chiede il processo per il Senatur. “Un mese e mezzo dopo, il 31 luglio – riporta l’inchiesta de L’Espresso - Salvini incassa 820mila euro di rimborsi per le elezioni regionali del 2010”.
La costituzione di parte civile
Eppure dopo aver messo in saccoccia gli oltre 800 mila euro, "Salvini e la Lega si costituiscono parte civile contro i compagni di partito. I nuovi – fa notare il settimanale – sono dunque consapevoli della provenienza illecita del denaro accumulato sotto la gestione di Bossi. Ma il 27 ottobre Salvini fa qualcosa che appare in netta contraddizione con quella scelta: ritira altri soldi. Questa volta la somma è piccola, poco meno di 500 euro: l’ultima tranche di rimborso per le elezioni regionali del 2010”.
Due giorni dopo l’ultimo prelievo Salvini avrebbe ricevuto persino una lettera dall’avvocato di Umberto Bossi. “Ti diffido dallo spendere quanto da te dichiarato corpo del reato”, si leggerebbe nella stessa.
"Un mese dopo essersi dichiarato con gli altri responsabili del partito vittima di una truffa Salvini fa marcia indietro e ritira la costituzione di parte civile davanti al giudice. Successivamente tuttavia, lui e Maroni, vengono meno al patto di non belligeranza e danno mandato all’avvocato di procedere con la costituzione di parte civile".
Uno “smacco a Bossi, a cui poco dopo segue un altro colpo di scena – precisa L’Espresso - . A novembre durante l’udienza preliminare contro B&B, l’avvocato Aiello ritira l’atto di costituzione. In pratica la Lega non chiede più i danni per la truffa. Un’idea di Salvini con una particolare motivazione ufficiale: “Non abbiamo né tempo né soldi per cercare di recuperare soldi che certa gente non ha”.
Una ritirata strategica per rappacificare le opposte fazioni ed evitare rivelazioni scomode. Soprattutto in merito ai soldi lasciati in cassa da Bossi, quelli finiti al centro delle inchieste di tre procure?
I bilanci
I bilanci della Lega dicono “che le cose andavano molto meglio, almeno dal punto di vista finanziario, quando al comando c’era Bossi. Con lui i bilanci degli ultimi anni si sono infatti chiusi sempre in positivo. Le cose cambiano nel 2012, quando arriva Maroni: per la prima volta la Lega chiude i conti in rosso, con una perdita di 10,7 milioni di euro. L’anno seguente, il primo interamente firmato da Bobo, le cose vanno persino peggio: il bilancio evidenzia una perdita di 14,4 milioni. Colpa della diminuzione dei rimborsi elettorali e del calo delle donazioni private, si legge nei resoconti padani”. Inoltre, nonostante i dipendenti diminuiscano, i costi sostenuti dalla Lega aumentano, fa notare il settimanale.
Perché allora si sono spesi tanti soldi in avvocati? I bilanci non lo spiegano, ma un documento ottenuto da L’Espresso, un contratto datato 18 aprile 2012, aiuterebbe a comprendere.
“Bossi si è dimesso da due settimane e il Carroccio è retto dal triumvirato Maroni-Dal Lago-Calderoli. Sono loro ad affidare la consulenza legale allo studio Ab di Domenico Aiello. Nel contratto si specifica che la consulenza riguarderà proprio i procedimenti penali che coinvolgono Bossi e i rimborsi truccati. Si tratta delle indagini in corso a Milano, Napoli, Genova e Reggio Calabria, ciascuna segnalata con il relativo numero di fascicolo”.
I bilanci spiegano anche “perché oggi i conti del partito sono a secco. E quale la strategia scelta per evitare il sequestro effettivo dei soldi. Nel 2015, quando è Salvini a comandare, la ricchezza della Lega cala, infatti, vistosamente. Il patrimonio netto passa da 13,1 milioni dell’anno precedente a 6,7 milioni. Il motivo è spiegato chiaramente nella relazione sulla gestione finanziaria: i soldi del partito sono stati trasferiti alle sezioni locali, 13 in tutto, dotate nel frattempo di codici fiscali autonomi”. I magistrati comunque sequestrano le ricchezze del Carroccio.
La questione singolare
Anche se c’è una questione singolare da risolvere. “Il tribunale di Genova, di recente, ha deciso di bloccare il sequestro – spiega L’Espresso - I giudici hanno annunciato di aver congelato poco meno di 2 milioni. Eppure, come detto, alla fine dell’anno scorso sui conti della Lega c’erano 4,3 milioni. Mancano dunque all’appello oltre 2 milioni. Possibile che la Lega li abbia spesi in questo 2017. O anche che siano stati trasferiti su altri conti. Un’ipotesi, questa, impossibile da verificare. Perché “Noi con Salvini”, il movimento creato tre anni fa dal nuovo leader del Carroccio per conquistare il Centro-Sud, non ha mai pubblicato un bilancio”.
"I bossiani non dimenticano"
"Per Salvini comunque – notano gli autori dell’inchiesta - non si prospetta vita facile. I bossiani non dimenticano. E i mal di pancia iniziano a diventare veri e propri tumulti silenziosi. Pare che siano persino pronti a muoversi autonomamente per le prossime elezioni politiche. Cosa che potrebbe portar via al novello Alberto da Giussano una forza valutata sul 2-3 per cento”.
L'attacco del M5S
La bomba lanciata da L'Espresso viene ripresa dal M5S. "A due anni dalla prima denuncia del Movimento 5 Stelle, emerge sempre più con forza che anche Salvini e Maroni hanno utilizzato parte dei 48 milioni di euro pubblici frutto della truffa orchestrata da Umberto Bossi e l'ex tesoriere Belsito, entrambi già condannati per la vicenda 'Tanzania & diamanti'", scrive il M5s sul blog di Beppe Grillo in un post rivolto a Salvini e Maroni: "Toc, toc. Vi ricordate di quando avete utilizzato i soldi pubblici rubati da Bossi e Belsito? Parliamo di un partito, la Lega, che mentre gridava Roma ladrona in 20 anni ha incassato oltre 180 milioni di euro di finanziamento ai partiti-rimborsi elettorali. Il tutto senza mai rinunciare ad un solo privilegio o tagliarsi stipendi. Nelle Regioni come in Parlamento".
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