Cosa ha detto Berlusconi su Dell’Utri
Ai pm della procura di Palermo, ascoltato come testimone
Dall’audizione di Silvio Berlusconi davanti ai magistrati di Palermo (il procuratore Francesco Messineo, l’aggiunto Antonio Ingroia e il pm Lia Sava, che indagano su una presunta estorsione da parte di Marcello Utri a scapito dell’ex premier) trapela che l’ex presidente del Consiglio, ascoltato come persona informata sui fatti, e’ apparso molto cordiale e sereno e, soprattutto, molto preparato sulle circostanze contestate dai magistrati.
L’ACQUISTO – A cominciare dall’acquisto della villa sul lago di Como, pagata da Berlusconi 23 milioni di euro a fronte di una valutazione di 10 milioni, villa in cui Dell’Utri continua a vivere. Berlusconi ha detto di fidarsi di Dell’Utri nonostante questo sia stato condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, un reato che sarebbe ritenuto da Berlusconi poco grave poiche’ condanna solo per frequentazioni.
PRESTITI MAI RESTITUITI - C’e’ poi la questione di altri ingenti passaggi di denaro, per oltre 10 milioni di euro, fatti dall’ex presidente del Consiglio al senatore. Berlusconi avrebbe confermato che si tratta di soldi mai restituiti, nonostante si evincesse in alcuni documenti – presentanti dall’ex premier assieme con altre carte a sostegno di quanto ha dichiarato – che si trattava di prestiti. Un accenno, durante l’audizione di oggi, sarebbe stato fatto anche a Vittorio Mangano – ex stalliere nella villa di Arcore di Bersluconi condannato per omicidio e associazione mafiosa – e ad Antonino Cina’, anche lui condannato per mafia, presentati da Dell’Utri a Berlusconi che continua a ritenerli persone per bene perche’ presentategli da Dell’Utri. (RADIOCOR)
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I giudici hanno annullato la sentenza di condanna per il concorso esterno del senatore palermitano a sette anni di carcere perché affermano che, tra il 1977 e il 1982, quando, con la mediazione di Dell'Utri, si realizzò il patto di protezione della famiglia Berlusconi da parte dei capi della mafia siciliana dietro versamento da parte dell'imprenditore-venditore milanese di somme cospicue a Cosa Nostra. Quello che potrebbe salvare Dell'Utri dalla condanna e quindi va accertato, in senso positivo o negativo, dalla Corte di Appello che dovrà rifare il processo è il fatto che in quel periodo il siciliano non lavorò per Berlusconi ma per un altro imprenditore a sua volta indiziato di rapporti con Cosa Nostra, Giuseppe Rapisarda. Del resto, secondo la Cassazione, l'assunzione del mafioso Mangano ad Arcore venne compiuta con l'intervento di Dell'Utri anche se questi in quel momento non lavorava direttamente per Berlusconi.
Insomma, quello che viene confermato ancora una volta dai giudici della Cassazione è che i rapporti tra Berlusconi e i capi di Cosa Nostra hanno caratterizzato a lungo la carriera dell'imprenditore edilizio-televisivo di Arcore e si sono tradotti nel versamento di grandi somme di denaro per realizzare la protezione di cui il padrone di Canale Cinque aveva bisogno. Ma come si può pensare che si sia trattato di un solo episodio e che il rapporto sia stato meramente episodico quando parliamo della fortuna imprenditoriale di un uomo che è partito dal nulla e in pochi anni ha realizzato profitti tali da farne in qualche anno uno degli uomini più ricchi di Italia e a condurlo poi addirittura a diventare il leader del partito di maggioranza in Italia nelle elezioni politiche del 1994?
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