Oggi tutti i telegiornali e le televisioni annunciano a caratteri cubitali una notizia a dir poco storica:
Il Senato taglia i deputati da 630 a 508.
E' solo un grande e inutile spot pubblicitario della casta che spera ancora nell'ignoranza generalizzata, dimenticando che internet permette di veicolare alcune informazioni che loro invece tentano in modo goffo di nascondere.
Essendo il provvedimento inserito all'interno di un progetto di riforma costituzionale, l'approvazione in prima lettura da parte di un ramo del parlamento significa praticamente nulla o poco più.
Dovranno essere votati i restanti articoli, compresi quelli spinosi sulla riforma semi-presidenziale e sulla legge elettorale dove attualmente non esiste alcun accordo politico. Poi il provvedimento dovrebbe passare alla Camera, dove i deputati dovrebbero autotagliarsi le poltrone (i senatori hanno tagliato i seggi della Camera, ma hanno bocciato gli emendamenti riguardanti il taglio dei seggi al Senato).
Poi il provvedimento dovrebbe tornare in seconda lettura (essendo una riforma costituzionale, c'è bisogno della doppia votazione da parte di entrambi i rami del parlamento sul medesimo testo) al Senato e poi ripassare un'altra volta alla Camera, senza che alcuna correzione o emendamento venga inserito.
E' UNA GRANDE PRESA PER IL CUXO !! Litigheranno alcuni mesi e intanto la legislatura volgerà al termine, senza che nulla sia cambiato e così torneremo anche a votare con la legge elettorale attuale, il cosiddetto PORCELLUM che tanto piace alla Casta perchè gli consegna un parlamento di nominati e non di eletti.
fonte
Tralasciando il fatto che quella odierna è probabilmente solo una trovata propagandistica: DAVVERO RIDURRE IL NUMERO DEI PARLAMENTARI è UNA MISURA DA ACCOGLIERE CON FAVORE? Non sarebbe meglio ridurre sensibilmente gli stipendi e ancor di più i numerosi privilegi schifosi, piuttosto che il numero dei parlamentari, il cui dimezzamento era uno dei principali "punti" del programma della loggia P2, in quanto concentrerebbe il potere in mano a meno persone e renderebbe il parlamento più "gestibile" in vista dei vari voti di fiducia... ovvero favorirebbe il "mercato" dei voti e limiterebbe la presenza dei dissidenti...
Evitiamo di abboccare alla facile propaganda della riduzione del numero dei parlamentari. Con l'attuale legge elettorale, meno parlamentari = meno rappresentanza e meno democrazia .
Riduzione dei parlamentari: meno costi, più efficienza o meno democrazia rappresentativa?
Scritto da www.riforme.info | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Con la riforma costituzionale all'esame
degli elettori con il referendum del 25-26 giugno 2006 "Viene ridotto
il numero dei parlamentari: da 950 a 773, con significativo risparmio per
le finanze pubbliche".
Questo ci dice il "decalogo della riforma costituzionale" ad opera del leghista Roberto Calderoli. Per risposta, il controdecalogo a cura del centrosinistra ribatte che "La riduzione del numero dei parlamentari viene rinviata al 2016 per favorire gli attuali capi e capetti. Nel lungo periodo c’è tempo anche per ridurre la riduzione; per ora c’è l’effetto di annuncio demagogico mette in evidenza che tale riduzione non scatterà immediatamente, ma soltanto nel 2016." Nella sostanza, quindi, le ragioni per il No alla riforma da parte del centrosinistra divergono da quelle per il Sì soltanto per l'aspetto "tempi per l'entrata in vigore", temendo addirittura dei ripensamenti circa questa riduzione. Per altro, come anche ricordato da più parti, nelle intenzioni del centrosinistra vi è una riduzione ancora più ampia. Sulla stessa lunghezza d'onda, sicuramente, il senso comun-popolare, sempre pronto ad esaltarsi di fronte a misure che colpiscono i politici, in modo particolare se con la prospettiva di risparmiare qualche soldo. Del resto, come non comprendere sentimenti di questo tipo, con un mondo della politica sempre più lontano dai cittadini? Peccato, però, che questi sentimenti di antipatia nei confronti della politica vengano quasi sempre utilizzati dalla politica stessa per ridurre gli spazi della rappresentanza democratica attraverso meccanismi che, in un modo o nell'altro, siano comunque in grado di cancellare dalla rappresentanza istituzionale ampi settori di elettorato. Per sgombrare quindi il campo da ogni dubbio, è d'obbligo una riflessione circa le conseguenze di un eventuale taglio del numero dei parlamentari sotto il profilo della corretta e democratica rappresentanza degli interessi sociali. Per farlo, è sufficiente analizzare gli ultimi risultati elettorali per il Senato di alcune regioni, avendo come riferimento la soglia di sbarramento, del 3%, per i partiti coalizzati. Con l'attuale legge elettorale, che può essere riassunta con la formula "maggioritario di coalizione con distribuzione proporzionale all'interno delle coalizioni", nelle Regioni con meno seggi a disposizione si sono avuti casi nei quali alcune liste minori non hanno conquistato seggi, e questo pur appartenendo alla coalizione vincente ed avendo superato la soglia di sbarramento del 3%. Questo per effetto di quella che tecnicamente viene definita "soglia di sbarramento implicita", dipendente dal tipo di ripartizione, dal numero dei partiti in lizza e, soprattutto, dal numero delle circoscrizioni elettorali ed il numero, quindi, dei seggi a disposizione per ogni circoscrizione (nel caso in esame le Regioni)
Come si vede, per i soli 2 seggi a disposizione
del Molise si hanno, ovviamente, risultati da legge elettorale maggioritaria,
con l'impossibilità di conquistare seggi anche con percentuali del
14,2 %.
Ma al di là di questo caso particolare, nelle altre Regioni con più seggi a disposizione si deve registrare l'esclusione dalla ripartizione dei seggi di liste con risultati ben al di sopra del 4 %. E' quindi evidente che, anche con l'attuale legge elettorale, la diminuzione dei seggi a disposizione delle singole Regioni provocherà l'ulteriore innalzamento della "soglia di sbarramento implicita", il tutto a danno delle forze politiche minori. Chiariti gli effetti immediati sulla rappresentanza in conseguenza della riduzione dei parlamentari, che da soli sconsiglierebbero considerazioni legate ai presunti risparmi di spesa, sarebbe quanto mai opportuno ragionare in termini di efficienza. L'efficienza parlamentare non è infatti data dal numero delle leggi approvate, ma dalla qualità delle leggi approvate. Certamente, in una logica di revisione costituzionale che tutto fa dipendere dal Governo (elezione diretta, norme antiribaltone, decisione dell'agenda parlamentare), il Parlamento potrebbe essere considerato più un impedimento che il luogo deputato ad approfondire e a legiferare sulle istanze che provengono dalla società. In fondo, se è il Governo che decide cosa si vota e come si vota, ed i parlamentari di maggioranza, fedeli, ad eseguire altrimenti tutti a casa, ma per quale motivo non ridurre del tutto il Parlamento? A che pro' la finzione di una forma di governo di tipo parlamentare? Questo sì che è buttare soldi! Diversamente, pensando ad un ruolo attivo del Parlamento, la riduzione dagli attuali 630 deputati ai 518 previsti dalla riforma appare soltanto come una diminuita efficienza della capacità di approfondire le questioni, che costringerà inevitabilmente ad "esternalizzare", in misura maggiore, gran parte del lavoro parlamentare verso l'esercito degli ignoti collaboratori che già ora assolve una buona percentuale del lavoro parlamentare. Basti pensare alla sola legge finanziaria, un volume di carta da leggere in grado di riempire una stanza da letto: ma chi è che può ancora credere che dietro tutta questa produzione vi siano i soli 640 deputati? Pensare quindi che i futuri parlamentari non trovino il modo per finanziare l'accresciuta necessità di collaboratori è una pia illusione. Le spese della politica non diminuiranno affatto con la diminuzione dei parlamentari, ma anzi è forte il rischio che possano aumentare. |
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